venerdì 24 luglio 2015

Chiesa, luogo della consolazione

Pubblicato da santamariadelcarmine alle venerdì, luglio 24, 2015
«Se un tuo fratello non ti ascolta, ammoniscilo fra te e lu i solo... ma se non ti ascolterà dillo alla comunità» (Mt 18,15-20).
Bisogna leggere più che attentamente questo brano dell’evangelista Matteo perché non è facile e tanto meno sbrigativo: per esempio in quel «Sia per te come il pagano e il pubblicano », non vedi tutto lo spirito missionario della vocazione cristiana?
La comunità è il luogo privilegiato della carità: qui ho la verifica se so amare, qui imparo l’amore, non poteva essere che comunitaria la proposta di vita divina agli uomini. Ma come costruire questa benedetta comunità d’amore? Come ripetere la vita trinitaria di Dio in noi? Come sempre, unica e sola risposta: Gesù, è figura del Padre, Gesù è il modello della vita di amore tra gli uomini. Però tutto questo dipende da «chi è per noi Gesù»: secondo l’esperienza che abbiamo del Figlio dell’uomo, saremo portati a realizzare nello stesso modo la nostra esperienza comunitaria, cioè la Chiesa o qualsiasi comunità cristiana, famiglia compresa. Direi soprattutto la famiglia. Spesso, come molti, pensiamo a Gesù come a Giovanni Battista e così vorremmo che la nostra comu nità , la nostra Chiesa, fosse inflessibile nel rimprovero, spietata davanti al peccato; comunità di fedeltà, della condanna; una comunità eccezionale, che si impone con la sua grandezza; comunità che sa vivere nel deserto, nel digiuno, che non permette di mangiare a tavola con i peccatori. Oppure pensiamo a Gesù e perciò alla Chiesa come Elia: desideriamo la Chiesa come luogo di strepitosi miracoli, comunità che fa scendere il fuoco dal cielo per incenerire i nemici di Dio, comunità che tratta i discepoli come sudditi e perciò pretenziosa di obbedienza cieca e senza commenti; comunità insomma di sfide e di vendette. O pensiamo alla Chiesa come nuovo Geremia: comunità di lagnosi, comunità di lamentele che, con la propria vita e la propria morte, preannuncia sventure. O anche pensiamo la comunità come l’immagine che abbiamo di Gesù, come a un profeta; il gruppo cioè di uomini che sanno tutto, che predicono il futuro: gli uomini che rappresentano Dio in situazioni difficili, che richiamano al comportamento morale e alla legge.
Invece Gesù, e quindi la comunità che vuole ripeterlo, non è nulla di tutto questo: è una comunità che annuncia il Padre, che rende tangibile l’amore di Dio. È una comunità che come Gesù, deve innanzi tutto essere figlia d i Dio: non una organizzazione, ma una persona che cammina, che rischia, che trasforma, che parla. Come Gesù, la comunità di amore dei suoi discepoli non è formata da persone eccezionali, ma da persone normali, che si confondono nella massa, che neppure vengono  riconosciute; uomini poveri che sentono il bisogno di Dio e dei loro fratelli. Come Gesù, la Chiesa non può accettare di vincere i suoi nemici, ma li ama , dà loro quanto loro richiedono: non butta i suoi trionfi in faccia ai nemici per umiliarli, ma li presenta ai soli amici per confermarli. Come Gesù, la comunità di amore dei suoi discepoli non deve spegnere il lucignolo fumigante, ma incoraggiare ogni più piccola luce, ogni debole chiarore, non si deve imporre mai con la violenza, ma deve proporsi sempre con l’amore.
La Chiesa, ad imitazione di Gesù, dovrà ripetere il suo atteggiamento verso i peccatori, mai di condanna, ma di perdono: che domanda la verità, ma la pone sulla strada, perché l’uomo, senza sentirsi offeso, la raccolga; che sa vivere con pazienza accanto a ognuno di noi, che sa parlare dei fatti minimi e degli ultimi della nostra vita e porre in essi la interpretazione della parola di Dio. E ancora, come Gesù, dovrà rimanere a cena con me, spezzare il pane per riconoscere il Signore e poi sapersi anche n a s c o n d e r e , per non offuscare l’incontro personale che l’animo realizza con il suo Dio.
Dovrà, come Gesù, fermarsi con i bambini, con i poveri: dovrà vivere in semplicità fra i peccatori, se necessario rompere schemi e convenienze sociali pur di vivere insieme a ogni persona, pur di vivere in amicizia con tutti.
La comunità dei credenti dovrà rispettare tutti, avere occhi di meraviglia su ogni cosa, perché
tutto le deve parlare del mistero del Padre. Solo a questa comunità, solo a questa Chiesa, è detta la parola del Signore: «Là infatti dove si trovano due o tre nel mio nome, io mi trovo in mezzo a loro» (v. 20). Sto balbettando… Papa Francesco insegna e attrae, sia benedetto!

fratel Gian Carlo jc

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