Sabato 12 Ottobre riparte
il cammino di catechesi nella nostra Parrocchia con i percorsi della
CEI e dell'Azione Cattolica, secondo i rispettivi orari, dalle 15.30
alle 16.30 e dalle 16.30 alle 17.30.
Riportiamo, nell'occasione, le parole dedicate da Papa Francesco, durante il Convegno Mondiale del 29 Settembre 2013, a coloro che sono maggiormente impegnati su questo fronte così delicato, i catechisti:
Cari catechisti, buonasera!
Mi piace che nell’Anno della fede
ci sia questo incontro per voi: la catechesi è un pilastro per l’educazione
della fede, e ci vogliono buoni catechisti! Grazie di questo servizio alla
Chiesa e nella Chiesa. Anche se a volte può essere difficile, si lavora tanto,
ci si impegna e non si vedono i risultati voluti, educare nella fede è bello! E’
forse la migliore eredità che noi possiamo dare: la fede! Educare nella fede,
perché lei cresca. Aiutare i bambini, i ragazzi, i giovani, gli adulti a
conoscere e ad amare sempre di più il Signore è una delle avventure educative
più belle, si costruisce la Chiesa! “Essere” catechisti! Non lavorare da
catechisti: questo non serve! Io lavoro da catechista perché mi piace insegnare…
Ma se tu non sei catechista, non serve! Non sarai fecondo, non sarai feconda!
Catechista è una vocazione: “essere catechista”, questa è la vocazione, non
lavorare da catechista. Badate bene, non ho detto “fare” i catechisti, ma
“esserlo”, perché coinvolge la vita. Si guida all’incontro con Gesù con le
parole e con la vita, con la testimonianza. Ricordatevi quello che
Benedetto XVI
ci ha detto: “La Chiesa non cresce per proselitismo. Cresce per attrazione”. E
quello che attrae è la testimonianza. Essere catechista significa dare
testimonianza della fede; essere coerente nella propria vita. E questo non è
facile. Non è facile! Noi aiutiamo, noi guidiamo all’incontro con Gesù con le
parole e con la vita, con la testimonianza. A me piace ricordare quello che san
Francesco di Assisi diceva ai suoi frati: “Predicate sempre il Vangelo e, se
fosse necessario, anche con le parole”. Le parole vengono… ma prima la
testimonianza: che la gente veda nella nostra vita il Vangelo, possa leggere il
Vangelo. Ed “essere” catechisti chiede amore, amore sempre più forte a Cristo,
amore al suo popolo santo. E questo amore non si compra nei negozi, non si
compra qui a Roma neppure. Questo amore viene da Cristo! E’ un regalo di Cristo!
E’ un regalo di Cristo! E se viene da Cristo parte da Cristo e noi dobbiamo
ripartire da Cristo, da questo amore che Lui ci dà, Che cosa significa questo ripartire da Cristo
per un catechista, per voi, anche per me, perché anch’io sono catechista? Cosa
significa?
Io parlerò di tre cose: uno, due e tre, come facevano i vecchi gesuiti… uno, due
e tre!
1. Prima di tutto, ripartire da Cristo significa
avere familiarità con Lui, avere questa familiarità con Gesù: Gesù lo raccomanda con insistenza ai
discepoli nell’Ultima Cena, quando si avvia a vivere il dono più alto di amore,
il sacrificio della Croce. Gesù utilizza l’immagine della vite e dei tralci e
dice: rimanete nel mio amore, rimanete attaccati a me, come il tralcio è
attaccato alla vite. Se siamo uniti a Lui possiamo portare frutto, e questa è la
familiarità con Cristo. Rimanere in Gesù! E’ un rimanere attaccati a Lui, dentro
di Lui, con Lui, parlando con Lui: rimanere in Gesù.
La prima cosa, per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da
Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita. Ricordo, tante
volte in diocesi, nell’altra diocesi che avevo prima, di aver visto alla fine
dei corsi nel seminario catechistico, i catechisti che uscivano dicendo: “Ho il
titolo di catechista!”. Quello non serve, non hai niente, hai fatto una piccola
stradina! Chi ti aiuterà? Questo vale sempre! Non è un titolo, è un
atteggiamento: stare con Lui; e dura tutta la vita! E’ uno stare alla presenza
del Signore, lasciarsi guardare da Lui. Io vi domando: Come state alla presenza
del Signore? Quando vai dal Signore, guardi il Tabernacolo, che cosa fate? Senza
parole… Ma io dico, dico, penso, medito, sento… Molto bene! Ma tu ti lasci
guardare dal Signore? Lasciarci guardare dal Signore. Lui ci guarda e questa è
una maniera di pregare. Ti lasci guardare dal Signore? Ma come si fa? Guardi il
Tabernacolo e ti lasci guardare… è semplice! E’ un po’ noioso, mi addormento...
Addormentati, addormentati! Lui ti guarderà lo stesso, Lui ti guarderà lo
stesso. Ma sei sicuro che Lui ti guarda! E questo è molto più importante del
titolo di catechista: è parte dell’essere catechista. Questo scalda il cuore,
tiene acceso il fuoco dell’amicizia col Signore, ti fa sentire che Lui veramente
ti guarda, ti è vicino e ti vuole bene. In una delle uscite che ho fatto, qui a
Roma, in una Messa, si è avvicinato un signore, relativamente giovane, e mi ha
detto: “Padre, piacere di conoscerla, ma io non credo in niente! Non ho il dono
della fede!”. Capiva che era un dono. “Non ho il dono della fede! Che cosa mi
dice lei?”. “Non ti scoraggiare. Lui ti vuole bene. Lasciati guardare da Lui!
Niente di più”. E questo lo dico a voi: lasciatevi guardare dal Signore! Capisco
che per voi non è così semplice: specialmente per chi è sposato e ha figli, è
difficile trovare un tempo lungo di calma. Ma, grazie a Dio, non è necessario
fare tutti nello stesso modo; nella Chiesa c’è varietà di vocazioni e varietà di
forme spirituali; l’importante è trovare il modo adatto per stare con il Signore;
e questo si può, è possibile in ogni stato di vita. In questo momento ognuno
può domandarsi: come vivo io questo “stare” con Gesù? Questa è una domanda che
vi lascio: “Come vivo io questo stare con Gesù, questo rimanere in Gesù?”. Ho
dei momenti in cui rimango alla sua presenza, in silenzio, mi lascio guardare da
Lui? Lascio che il suo fuoco riscaldi il mio cuore? Se nel nostro cuore non c’è
il calore di Dio, del suo amore, della sua tenerezza, come possiamo noi, poveri
peccatori, riscaldare il cuore degli altri? Pensate a questo!
2. Il secondo elemento è questo. Secondo:
ripartire da Cristo significa
imitarlo nell’uscire da sé
e andare incontro all’altro.
Questa è un’esperienza bella, e un po’ paradossale. Perché? Perché
chi mette al centro della propria vita Cristo, si decentra! Più ti unisci a Gesù
e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre
agli altri. Questo è il vero dinamismo dell’amore, questo è il movimento di Dio stesso! Dio è il centro,
ma è sempre dono di sé, relazione, vita che si comunica… Così diventiamo anche noi se
rimaniamo uniti a Cristo, Lui ci fa entrare in questo dinamismo dell’amore. Dove c’è vera vita in
Cristo, c’è apertura all’altro, c’è uscita da sé per andare incontro all’altro nel nome di
Cristo. E questo è il lavoro del catechista: uscire continuamente da sé per
amore, per testimoniare Gesù e parlare di Gesù, predicare Gesù. Questo è
importante perché lo fa il Signore: è proprio il Signore che ci spinge a uscire.
Il cuore del catechista vive sempre questo movimento di “sistole - diastole”:
unione con Gesù - incontro con l’altro. Sono le due cose: io mi unisco a Gesù ed
esco all’incontro con gli altri. Se manca uno di questi due movimenti non batte
più, non può vivere. Riceve in dono il kerigma, e a sua volta lo offre in dono.
Questa parolina: dono. Il catechista è cosciente che ha ricevuto un dono, il
dono della fede e lo dà in dono agli altri. E questo è bello. E non se ne prende
per sé la percentuale! Tutto quello che riceve lo dà! Questo non è un affare!
Non è un affare! E’ puro dono: dono ricevuto e dono trasmesso. E il catechista è
lì, in questo incrocio di dono. E’ così nella natura stessa del kerigma: è un
dono che genera missione, che spinge sempre oltre se stessi. San Paolo diceva:
«L’amore di Cristo ci spinge», ma quel “ci spinge” si può tradurre anche “ci
possiede”. E’ così: l’amore ti attira e ti invia, ti prende e ti dona agli
altri. In questa tensione si muove il cuore del cristiano, in particolare il
cuore del catechista. Chiediamoci tutti: è così che batte il mio cuore di
catechista: unione con Gesù e incontro con l’altro? Con questo movimento di
“sistole e diastole”? Si alimenta nel rapporto con Lui, ma per portarlo agli
altri e non per ritenerlo? Vi dico una cosa: non capisco come un catechista
possa rimanere fermo, senza questo movimento. Non capisco!
3. E il terzo elemento – tre - sta sempre in questa linea:
ripartire da Cristo significa
non aver paura di andare con Lui nelle periferie. Qui mi viene in mente la storia di Giona, una figura davvero interessante,
specialmente nei nostri tempi di cambiamenti e di incertezza.
Giona è un uomo pio, con una vita tranquilla e ordinata; questo lo porta
ad avere i suoi schemi ben
chiari e a giudicare tutto e tutti con questi schemi, in modo rigido. Ha
tutto chiaro, la verità è
questa. E’ rigido! Perciò quando il Signore lo chiama e gli dice di
andare a predicare a Ninive, la grande città pagana, Giona non se la
sente.
Andare là! Ma io ho tutta la verità qui!. Non se la sente…Ninive è al di
fuori dei suoi schemi, è alla periferia del suo mondo. E allora scappa,
se ne va in
Spagna, fugge via, si imbarca su una nave che va da quelle parti. Andate
a rileggere il Libro di Giona! E’ breve, ma
è una parabola molto istruttiva, specialmente per noi che siamo nella
Chiesa.
Che cosa ci insegna? Ci insegna a non aver paura di uscire dai nostri schemi per
seguire Dio, perché Dio va sempre oltre. Ma sapete una cosa? Dio non ha paura!
Sapevate questo voi? Non ha paura! E’ sempre oltre i nostri schemi! Dio non ha
paura delle periferie. Ma se voi andate alle periferie, lo troverete lì. Dio è
sempre fedele, è creativo. Ma, per favore, non si capisce un catechista che non
sia creativo. E la creatività è come la colonna dell’essere catechista. Dio è
creativo, non è chiuso, e per questo non è mai rigido. Dio non è rigido! Ci
accoglie, ci viene incontro, ci comprende. Per essere fedeli, per essere
creativi, bisogna saper cambiare. Saper cambiare. E perché devo cambiare? E’ per
adeguarmi alle circostanze nelle quali devo annunziare il Vangelo. Per rimanere
con Dio bisogna saper uscire, non aver paura di uscire. Se un catechista si
lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta
tranquillo, finisce per essere una statua da museo: e ne abbiamo tanti! Ne
abbiamo tanti! Per favore, niente statue da museo! Se un catechista è rigido
diventa incartapecorito e sterile. Vi domando: qualcuno di voi vuole essere
codardo, statua da museo o sterile? Qualcuno ha questa voglia? [catechisti: No!]
No? Sicuro? Va bene! Quello che dirò adesso lo ho detto tante volte, ma mi viene
dal cuore di dirlo. Quando noi cristiani siamo chiusi nel nostro gruppo, nel
nostro movimento, nella nostra parrocchia, nel nostro ambiente, rimaniamo chiusi
e ci succede quello che accade a tutto quello che è chiuso; quando una stanza è
chiusa incomincia l’odore dell’umidità. E se una persona è chiusa in quella
stanza, si ammala! Quando un cristiano è chiuso nel suo gruppo, nella sua
parrocchia, nel suo movimento, è chiuso, si ammala. Se un cristiano esce per le
strade, nelle periferie, può succedergli quello che succede a qualche persona
che va per la strada: un incidente. Tante volte abbiamo visto incidenti
stradali. Ma io vi dico: preferisco mille volte una Chiesa incidentata, e non
una Chiesa ammalata! Una Chiesa, un catechista che abbia il coraggio di correre
il rischio per uscire, e non un catechista che studi, sappia tutto, ma chiuso
sempre: questo è ammalato. E alle volte è ammalato dalla testa….
Ma attenzione! Gesù non dice: andate, arrangiatevi. No, non dice quello! Gesù
dice: Andate, io sono con voi! Questa è la nostra bellezza e la nostra forza: se
noi andiamo, se noi usciamo a portare il suo Vangelo con amore, con vero spirito
apostolico, con parresia, Lui cammina con noi, ci precede, – lo dico in
spagnolo – ci “primerea”. Il Signore sempre ci “primerea”! Ormai avete imparato il senso di questa
parola. E questo lo dice la Bibbia, non lo dico io. La Bibbia dice, il Signore
dice nella Bibbia: Io sono come il fior del mandorlo. Perché? Perché è il primo
fiore che fiorisce nella primavera. Lui è sempre “primero”! Lui è primo! Questo
è fondamentale per noi: Dio sempre ci precede! Quando noi pensiamo di andare
lontano, in una estrema periferia, e forse abbiamo un po’ di timore, in realtà
Lui è già là: Gesù ci aspetta nel cuore di quel fratello, nella sua carne
ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima senza fede. Ma voi sapete una
delle periferie che mi fa così tanto male che sento dolore - lo avevo visto
nella diocesi che avevo prima? E’ quella dei bambini che non sanno farsi il
Segno della Croce. A Buenos Aires ci sono tanti bambini che non sanno farsi il
Segno della Croce. Questa è una periferia! Bisogna andare là! E Gesù è là, ti
aspetta, per aiutare quel bambino a farsi il Segno della Croce. Lui sempre ci
precede.
Cari catechisti, sono finiti i tre punti. Sempre ripartire da Cristo! Vi dico
grazie per quello che fate, ma soprattutto perché ci siete nella Chiesa, nel
Popolo di Dio in cammino, perché camminate con il Popolo di Dio. Rimaniamo con
Cristo - rimanere in Cristo - cerchiamo di essere sempre più una cosa sola con
Lui; seguiamolo, imitiamolo nel suo movimento d’amore, nel suo andare incontro
all’uomo; e usciamo, apriamo le porte, abbiamo l’audacia di tracciare strade
nuove per l’annuncio del Vangelo.
Che il Signore vi benedica e la Madonna vi accompagni. Grazie!
Maria è nostra Madre,
Maria sempre ci porta a Gesù!
Facciamo una preghiera, uno per l’altro, alla Madonna.
[Ave Maria]
[Benedizione]
Grazie tante!
venerdì 11 ottobre 2013
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