Oggi la Chiesa Cattolica celebra in Italia la Giornata nazionale del Ringraziamento, una celebrazione che verrà vissuta anche nella nostra Parrocchia. [La giornata nazionale del Ringraziamento] è una festa che viene da lontano ed ha le sue origini in Italia nel lontano 1951 per iniziativa della Coldiretti. Da allora puntualmente viene celebrata la seconda domenica di novembre e a livello locale viene riproposta nel periodo che va dalla festa di San Martino (11 novembre) alla festa di Sant’Antonio Abate (17 gennaio).
Messaggio
per la 62ª Giornata nazionale del Ringraziamento
11
novembre 2012
Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la
terra
«Confida nel
Signore e fa’ il bene: abiterai la terra» (Sal 37,3). Questo bel versetto descrive efficacemente il cuore di tutti noi nella tradizionale
Giornata del Ringraziamento rurale, che celebriamo agli inizi dell’Anno della Fede,
tempo di grazia e di benedizione, indetto da Benedetto XVI. Le parole del salmo
sono l’espressione di uno stile di vita radicato nella fede, con il quale
desideriamo ringraziare il Signore per ogni dono che compie nelle nostre
campagne e per il lavoro dei nostri agricoltori.
La fede e il mondo agricolo
È l’Anno
della Fede, da cogliere nei gesti stessi del lavoro dei campi. Che cosa sono
infatti le mani dell’agricoltore, aperte a seminare con larghezza, se non mani
di fede? Non è forse la fede nella gioia di un raccolto abbondante, solo intravisto,
a guidare le sue mani nella necessaria potatura, dolorosa ma vitale? E quando il
corpo si piega per la fatica, che cosa lo sorregge e ne asciuga il sudore se
non questa visione di fede, che allarga gli orizzonti e apre il cuore?
Ecco perché in
questa festa, occasione attesa per benedire il Signore per i frutti della
terra, diciamo il nostro grazie a tutti coloro che operano tra i campi e i
filari, che credono nel futuro investendo, anche con grande rischio, i loro
sacrifici per il bene della famiglia e della società tutta. Non ci stancheremo
mai di far sentire come importante questa Giornata del Ringraziamento, memori
dell’esortazione di papa Benedetto XVI a «fare spazio
al principio di gratuità come
espressione di fraternità» (Caritas in
veritate, n. 34).
Nella fede riconosciamo
la mano creatrice e provvidenziale di Dio che nutre i suoi figli. Ciò appare in
modo speciale a quanti sono immersi nella bellezza e nell’operosità del lavoro
rurale. Guai se dimenticassimo la relazione d’amore e di alleanza che Dio ha
intrecciato con noi e che diventa vivissima davanti ai frutti della terra, per
i quali rendiamo grazie secondo il comandamento biblico: «Il Signore, tuo Dio,
sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di
acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra
di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio
e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti
mancherà nulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il
rame. Mangerai, sarai sazio e benedirai il Signore, tuo Dio, a causa della
buona terra che ti avrà dato» (Dt
8,6-10).
La valenza educativa del ringraziare,
guardando ai giovani
La valenza
educativa propria della Giornata del Ringraziamento ha una ricaduta importante nell’attuale
società, in cui l’appiattimento sul presente rischia di cancellare la memoria
per i doni ricevuti. Pensiamo in particolare ai giovani, che in tanti stanno
riscoprendo il lavoro agricolo: nel ritorno alla terra possono aprirsi nuove
prospettive per loro e insieme un modo nuovo di costruire il futuro di tutti noi.
Un grazie particolare
va alle Cooperative agricole che ridanno vita a terreni abbandonati, in non
pochi casi togliendoli alla malavita organizzata, con una forte ricaduta
educativa per tutto il territorio dove si trovano a operare. Infatti, la
bellezza di una terra riscattata, che da deserto diventa giardino, parla da sé:
non solo cambia il paesaggio, ma soprattutto rincuora l’animo di tutti. Una
terra coltivata è una terra amata, sposata, come narra il profeta Isaia, nel
celebre capitolo 62. Ce lo ricorda soprattutto il “Progetto Policoro”, la cui
opera benemerita non cessiamo di indicare in chiave esemplare a tutte le
comunità. Anche nelle regioni del Nord questa esperienza si sta rivelando
feconda, ed è bello vedere tanti ragazzi del Sud, che da tempo vivono in condizioni
difficili, farsi in un certo senso maestri di itinerari concreti di speranza e
di sviluppo.
Certo, i
giovani hanno bisogno di adulti che si schierano dalla loro parte, che
investono per loro e con loro, offrendo garanzia per il futuro. Gli
orientamenti pastorali Educare alla vita
buona del Vangelo ci invitano a riscoprire un verbo molto importante:
accompagnare i giovani.
La nota
pastorale “Frutto della terra e del
lavoro dell’uomo”. Mondo rurale che cambia e Chiesa in Italia, del 19 marzo 2005, indicava alcune modalità
concrete (cfr. n. 24) che intendiamo riproporre:
- diffondere
una azione educativa e culturale che valorizzi la dignità di chi sceglie di
rimanere a lavorare in campagna;
- garantire
ai piccoli comuni le condizioni necessarie per una dignitosa qualità della
vita, con servizi adeguati e opportunità di scambio;
- favorire
nuove politiche per l’accesso dei giovani al mercato fondiario e degli affitti,
strumenti fiscali adeguati, incentivi per mettere a disposizione le terre, sostegno
nella fase iniziale dell’attività aziendale, azionariato popolare diffuso;
- rendere
facile l’accesso al credito agevolato per i giovani agricoltori.
Mentre vediamo
crescere la presenza confortante dei giovani nell’agricoltura, non possiamo tacere
il nostro dolore davanti alle immagini che mostrano molti braccianti agricoli,
in gran parte immigrati, lavorare in condizioni davvero inique. Che dire, ad
esempio, delle baracche dove spesso sono accolti? Ancora assistiamo a casi in
cui la dignità del lavoratore è smarrita, per le condizioni di avvilente
sfruttamento in cui versa, come attesta anche il perdurante dramma del
caporalato. Già molte volte le Chiese locali hanno fatto sentire la loro voce
contro le ingiustizie. Invitiamo le nostre comunità a un’ulteriore vigilanza
per favorire la difesa della giustizia e della legalità nel settore agricolo.
La priorità dell’economia rurale per
ritornare al territorio
Di fronte alla
grave crisi che tocca il mondo economico e industriale, occorre guardare al
futuro del nostro Paese andando oltre schemi abituali. È importante guardare al
nostro futuro nel rispetto e nella valorizzazione delle tipicità dei diversi
territori che la bella storia d’Italia ha posto nelle nostre mani e che
costituiscono l’unico Paese. Se è vero che investire «è sempre una scelta morale e culturale», come
scriveva Giovanni Paolo II
nella Centesimus annus al n. 36, è
necessario legare tali investimenti alla cura dell’uomo e del territorio, così
da rendere quest’ultimo fecondo di beni, sostenibile per l’ecosistema,
rispettato e amato, arricchito di forza per le nuove e per le future
generazioni.
Investire nell’agricoltura
è una scelta non solo economica, ma anche culturale, ecologica, sociale,
politica di forte valenza educativa. Infatti «le modalità con cui l’uomo tratta l'ambiente
influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il
suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all’edonismo e al
consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano» (Caritas in veritate, n. 51).
Chiudiamo il nostro
appello al mondo rurale e agricolo con le belle parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa che, nell’ottica
dell’Anno della Fede, ci invitano a cogliere il passaggio di Dio nella fatica e
nella bellezza del lavoro dei campi: se «si arriva a riscoprire la natura nella
sua dimensione di creatura, si può stabilire con essa un rapporto comunicativo,
cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare così
nell’orizzonte del mistero, che apre
all’uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si
offre allo sguardo dell’uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si disvela la Sua potenza creatrice,
provvidente e redentrice» (n. 487).
Ci aiuti San
Martino, il cui gesto di condivisione del mantello è simbolo di ogni dono
perfetto che viene dall’alto e che ci rende solidali.
E ci
accompagni il cuore
di Maria di Nazareth, che custodisce e medita nella sua storia ogni frammento
di esistenza, per elevare un inno di benedizione, un perenne “Magnificat” che canti
come il nostro Dio faccia emergere i piccoli e i deboli, precipitando i potenti
dai loro troni.
La Commissione Episcopale
per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia
e la pace